Una volta come ci si divertiva a giocare?

Una volta come ci si divertiva a giocare? Le opzioni erano tantissime e tutte ben assortite. Abilità, destrezza e inventiva erano gli ingredienti giusti non solo per impegnare il tempo libero. Agli inizi del ‘900 i ragazzi alternavano il lavoro ai giochi.

partitabiglie

I più smaliziati giocavano “‘e soddi” anche se qualche volta qualcuno di essi ci rimetteva la paga di una intera giornata. Valeva eccome la saggezza dei nonni quando raccomandavano: “Carusi, iucati ‘e nuciddi e lassati stari i soddi nte sacchetti…“. L’arco di tempo riservato ai giochi,compreso tra i 5 e i 20 anni, si sarebbe abbassato progressivamente col tempo.

I giochi erano sempre di comitiva. A preferire i “solitari” erano solo i cosiddetti “furani“, coloro i quali, cioè, superata la fase adolescenziale, per carattere chiudevano alla comunicazione con gli altri. Giochi infantili, giochi di strada, giochi di società, giochi da tavolo, ognuno li preferiva a seconda il sesso, l’età ma anche all’appartenenza sociale. Anche se da un quartiere all’altro, da una città all’altra allo stesso gioco si applicavano regole diverse, la filosofia rimaneva sempre la stessa.

“‘A petra Pigghiula“(lanciando piccole pietre in aria, vinceva chi riusciva a prenderne di più con una sola mano);

A megghiu visula“(simile alle bocce, si giocava però sulle basole. Lanciata una moneta in aria, vinceva chi la faceva cadere più vicino possibile al centro della basola stessa);

” ‘A ciappedda” (posta al centro una pietra sulla quale si posizionava una pallina, vinceva il concorrente che riusciva a mandare la propria pietra piatta detta ciappedda più vicina possibile alla pallina);

“’U cavaddu” ( un ragazzo a cavalcioni sull’ altro, vinceva se nello scontro con i vari concorrenti riusciva a stare di più in equilibrio senza cadere); vecchi-giochi

Caricabotti” (..viri ca vegnu);

” e‘U Tuppeturu” erano tra i tanti giochi di strada abbastanza popolari. Molto più selettivi erano invece il gioco del “Fazzoletto”, della “Mosca cieca” del “Monopoli” praticati nei ceti più altolocati. Giocando si cresceva comunque intellettualmente e fisicamente. Il confronto era agonismo puro ma anche un modo semplice per approcciarsi alla vita.

pentapx-blogpx-belinchestoriepx-comunicazione-girotondo-genovese-001Il mitico “Girotondo” (…quando è bello il mondo…) accomunava femmine e maschi in un “tutti giù per terra,oleee!!”, poi ognuno per conto proprio.

La bimba a giocare con le bambole e a “sciancateddu“, il bambino con i fucili e i soldatini.

L’acchiappa-acchiappa“, “Miffa” e “Ammuccia-ammuccia” erano sì giochi che potevano praticare entrambi i sessi ma …all’insaputa dei genitori di lei. Così come a “Medico e paziente” gioco rigorosamente praticato “di nascosto” al chiuso di una stanza.

Tra febbraio e aprile il gioco delle figurine andava forte. Quanto valeva lo scudetto del Milan e quello dell’Inter lo stabilivano i concorrenti prima della gara. Quello del Catania, molto raro, era incedibile. Vinceva chi avrebbe rivoltato più cartine nelle due opzioni: a “PPA’” tramite un forte soffio con la bocca, o “‘A pammata“, battendo forte cioè il palmo della mano sul marmo dove erano riposte le figurine. Lo spostamento d’aria girava le cartine. Si faceva molta attenzione a non fargli fare “Sautabuffa“.

A guardia e ladri” si giocava dopo essersi prima accordati tra chi doveva fare il ladro e chi la guardia: All’improvviso uno della “banda” gridava nella mischia: “”Alt-gioco-ora facemu ‘o cuntrariu“.

Quando arrivava il tempo di farsi la “zita“, cominciavano a formarsi le comitive. Alle prime feste si ballava alla “spazzola“: il ragazzo che durante il ballo lento riceveva una “spazzolata” sulla schiena, doveva cedere il posto all’altro. Più ardito il gioco della “bottiglia” che stabiliva un penitente al quale riservare un pegno non troppo “amichevole”.