La leggenda narra che in epoca antica, sulla rocca del Castello, dimorava una principessa di nome Maretta, la quale comandava una banda di briganti.
Attorno alla rocca i briganti costruirono il paese, retto e governato dalla stessa principessa, cui fu dato, in onore di Maretta, il nome Marettu.
Si sa per certo, invece, che il borgo fu fondato nel 1263 da Manfredi Maletto, conte di Mineo. Ripopolato in seguito dagli Spatafora nel 1440, Maletto fu elevato a principato nel 1609 con privilegio di Filippo III in favore di Michele Spatafora.
Nel 1707 era principe Muzio Spatafora, che venne riconfermato nel possesso dalla corte di Vittorio Amedeo Duca di Savoia.
Fino al 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo in Sicilia, la famiglia Spatafora da Randazzo fu sempre feudataria di Maletto.
Nel 1820 il paese, insieme a Bronte, insorge in favore della Costituzione siciliana, al fianco di Palermo, contro Catania (pare più per paura dei brontesi che per convinzione).
Dal 1947 al 1956 i contadini malettesi conducono una lotta serrata, con l’obiettivo dell’applicazione della legge sull’equa spartizione dei prodotti e sull’assegnazione delle terre incolte.
Come tutti i centri dell’Etna, Maletto ha subito diverse distruzioni causate dalle eruzioni.
Pregevoli alcune chiese del XVIII secolo, come la Chiesa di San Michele e la Chiesa di Sant’Antonio Abate.
La Chiesa Madre: oggi, si presenta prevalentemente nei rimaneggiamenti ottocenteschi, ma conserva ancora resti della prima costruzione; possiede un interessante campanile a cupola di forma tardo rinascimentale.
Del Castello Medioevale sussistono solo i resti.
Da visitare è la zona archeologica di Tartarici.
L’attuale risorsa principale del paese è l’agricoltura, con particolare cura per la coltivazione delle fragole (che hanno fatto conoscere Maletto in tutta Italia).
Discretamente sviluppato è l’allevamento e attivo è il commercio di legname, formaggi e ortofrutticoli.
Una delle più squisite fragole d’Italia, tanto da fare rientrare Maletto tra i centri delle produzioni di pregio di questo frutto, accanto a eccellenze quali Tortona in Piemonte, Policoro in Basilicata, Ribera in Sicilia.
Per questo centro etneo in provincia di Catania, fragole e fragoline locali sono talmente identitarie da essere diventate prodotto De.Co., cioè a Denominazione Comunale d’Origine, indice del legame inscindibile con la comunità di Maletto e la sua storia.
La straordinaria qualità della Fragola di Maletto ha fatto in modo che venisse inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food che ha l’obiettivo di conservare e diffondere la conoscenza dei prodotti tradizionali che appartengano a “comunità che li hanno preservati nel tempo”: qui viene descritta come “fragola antica di qualità straordinaria, molto grande, dolce e profumatissima, che deriva da una cultivar, la Madame Moutot, selezionata in Francia nel 1906 e coltivata poi nella Ducea dell’Ammiraglio Nelson a Bronte”.
Si viene così a sapere che “è proprio nella Ducea di Nelson che, all’inizio del secolo scorso, nacque la fragolicoltura siciliana”.
A giustificare la sua tutela è invece l’estrema deperibilità del frutto, “anche perché ha il cuore vuoto”, tale da porlo “a forte rischio di estinzione: si trova solo sul vicino mercato di Catania in quantità minime”.
Il modo migliore di gustare fragole e fragoline di Maletto è allora quello di andare sul posto, approfittando della sagra che si tiene in giugno o ancora meglio delle aziende che le vendono sulla strada, dal produttore al consumatore.
Fonte: Ecco il Link.
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