Non esiste in Sicilia festa patronale grande o piccina, estiva o invernale, orientale od occidentale che possa fare a meno del passatempo preferito dagli isolani, perché Calia e Simenza sono per certi versi l’essenza stessa del ritrovarsi insieme.
Nella gastronomia di strada, u Siminzaru, non manca mai e con la sua bancarella coloratissima e decorata con pitture dei carretti siciliani, bandierine tricolori, frange e stagnola luccicante e l’immagine i Santi e Paladini, diventa uno dei punti di ritrovo del popolo siciliano.
La calia com’è noto non è altro che il cece abbrustolito. Ancora oggi, la tostatura dei ceci è un vero e proprio rito, specie se si vuole ottenere calia tenera e croccante. Scartati i iadduffi (i ceci piccoli e neri), si mettono a bollire nell’acqua salata per un certo tempo, la cui durata ogni caliaru tiene segreta per sé in quanto ad essa è affidata la tenerezza del prodotto finale. Dopo sgocciolati si coprono con una coperta e si mettono a “stufare” per un paio d’ore in una madia, così “ritornano”, si ammorbidiscono cioè con il loro stesso vapore. Fatto questo, i ceci sono pronti per andare a finire dentro il caliaturi ed essere tostati in mezzo alla finissima sabbia arroventata e al sale, per diventare, infine, quando all’esterno si formerà una patina bianca, calia.
Il termine “na caliamu” ha origine dalla calia , i ragazzini che marinavano la scuola usavano comprare calia a cartoccio e passeggiare.
Calacausi: cosa sono e perché piacciono tanto ai catanesi
Per alcuni sono i nuciddi americani, per altri invece sono i calacausi, ma per tutti sono le arachidi, le noccioline americane note in tutto il mondo e amate dai catanesi ghiotti di frutta secca.
I calacausi piacciono proprio a tutti, ai catanesi più grandi, che preferiscono acquistarli freschi al mercato di Piazza Carlo Alberto e a quelli più piccoli che li fanno aggiungere come granella sul gelato, sulla creap e anche sulla pizza, o acquistarli pralinati durante la Festa di Sant’Agata. Insomma i calacausi sembrano mettere tutti d’accordo, soprattutto se sgranocchiati mentre si gioca a carte o mentre si passeggia per le vie della città durante una festa locale. Perché in realtà, per il catanese, il bello non è comprare i calacausi “belli e pronti”, ma sbucciarli con le mani e condividerli con chi si vuol e quando si vuole.
Ed è per questo che nelle case dei catanesi doc non può e non deve mancare la frutta secca, da “spizzicare” durante la giornata e da offrire ad amici e parenti durante le feste. Se anche tu sei un patito di calia e semenza.
I Calacausi: perché a Catania le arachidi si chiamano così?
Come accade anche per altre specialità, anche le noccioline americane sono chiamate con vari nomi, che cambiano in base al singolo paese in cui vengono mangiate. Chi a Catania vuole comprare i nuciddi americani, può chiedere al rivenditore se ha per caso i calacausi e riceverà di sicuro un sacchetto di arachidi. Questo secondo nomignolo affibiato alle noccioline americane ha un’origine curiosa: come narra la tradizione, sembra che gli antichi catanesi le chiamassero così perché, mangiandole, stimolassero l’intestino, inducendoli quindi ad abbassarsi i pantaloni (in dialetto calarsi i causi) per defecare.
Associando questo gesto fisiologico all’effetto lassativo delle noccioline americane, quindi, il termine calacausi è giunto fino ad oggi, usato ancora dai catanesi più veraci che ne fanno una provvista giornaliera a beneficio della loro salute e come piacevole sfizio. In fin dei conti, originariamente, i calacausi erano un diversivo da sgranocchiare al chiosco con acqua e anice; o da mangiare al posto dei classici pop corn, mentre si seguiva un film all’Arena o al cinema, dopo averle comprate e prese direttamente dalla tracolla del venditore che passava tra i posti nell’intervallo (alcune delle Arene di Catania continuano ancora questa tradizione).
Calicausi o nuciddi, sempre “calia e semenza è”…
Chiamiamatele come volete, le arachidi a Catania sono uno dei prodotti più venduti dai caliatori, i venditori di frutta secca che, con le loro colorate e ricche bancarelle spuntano in punti strategici della città per offrire calda calda la loro calia.
La vista di un venditore di calia e semenza indica che è festa e che si può festeggiare insieme a chi si vuole condividendo un sacchetto di ceci, di semi di zucca o di noccioline americane o castagne napoletane, tutti abbrustoliti nel calderone (caliatore) e tostati con la sabbia. Ecco pronto u scacciucioè l’insieme di frutta secca pronta per essere sbucciata con mani e denti e subito “calata”.
Fonte: Ecco il link.
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